Il lavoro a distanza non è più un benefit, ma l’atteggiamento dei vertici aziendali deve cambiare per gestire i dipendenti lontano dall’ufficio
Le pratiche di lavoro distribuite - in ufficio, a casa, in viaggio o ibride - hanno dimostrato di portare dei vantaggi per il business e in termini di coinvolgimento dei dipendenti, ma occorre un cambiamento culturale
Milano, 27 ottobre 2020 – Dall’inizio della pandemia da Covid-19 c’è stato un incremento del 69% dei dipendenti che vedono il lavoro a distanza come un prerequisito piuttosto che un benefit (dato italiano, rispetto al 41% dell'area EMEA). Questo secondo un nuovo studio globale condotto da VMware, Inc. (NYSE:VMW), leader nell'innovazione del software aziendale, che ha intervistato i vertici aziendali, i responsabili delle Risorse Umane e dell’IT[1].
Il 74% degli intervistati in Italia riconosce che la propria organizzazione sta ottenendo benefici dal lavoro a distanza e che non può più tornare indietro. Tuttavia, esiste la preoccupazione che il management non si stia impegnando abbastanza per adattarsi e offrire ai propri dipendenti una maggiore scelta e flessibilità.
"Le sfide degli ultimi sei mesi hanno costretto le aziende ad adattarsi rapidamente a nuove modalità di lavoro in cui "lavoro" non è uguale a "ufficio". Il futuro è arrivato sotto forma di forza lavoro distribuita, portando con sé benefici tangibili per il business, dalla produttività al morale dei dipendenti, a una maggiore collaborazione e a più opportunità di assunzione", ha dichiarato Kristine Dahl Steidel, vice president EUC EMEA, VMware. "E con questa digital foundation le aziende hanno bisogno di adottare la giusta cultura e il giusto approccio per creare un nuovo modo di lavorare. Le soluzioni per il digital workspace che consentono alla forza lavoro distribuita di essere collaborativa, coinvolta, visibile e produttiva hanno già aiutato migliaia di aziende e milioni di dipendenti, e VMware continua a portare innovazione in questo ambito".
Adattare la cultura aziendale alle esigenze della forza lavoro distribuita
Circa quattro decision maker intervistati in Italia su dieci (39%) temono che il loro team non svolga le proprie attività quando lavora a distanza.
Solo il 13% (il 28% in EMEA) ritiene che la cultura dei vertici aziendali scoraggi il lavoro a distanza, ma il 69% sente una maggiore pressione per essere online al di fuori del normale orario di lavoro. Questi fattori indicano la necessità di un cambiamento dall'alto verso il basso del modo di pensare e delle abitudini del management.
Questo nonostante i chiari vantaggi per il business e per i dipendenti derivanti dal lavoro flessibile, comprese le organizzazioni in grado di sfruttare al meglio i talenti e le diverse competenze. Da quando si lavora in remoto, l'85% dei dipendenti intervistati ritiene che le relazioni personali con i colleghi sono migliorate, il 67% si sente più sicuro di sé nel parlare in videoconferenza e il 75% afferma che i livelli di stress sono migliorati. Il morale dei dipendenti (31%) e la produttività (36%) hanno registrato un aumento.
Inoltre, il 60% afferma che il reclutamento di talenti di alto livello è stato reso più facile, in particolare per i genitori che lavorano (87%) e per le minoranze (64%). Quando si tratta di generare nuove idee[2], l’85% concorda sul fatto che l'innovazione proviene da più parti all'interno dell'organizzazione rispetto a prima, comparato al 72% dell'EMEA.
Carl Benedikt Frey, Direttore del programma Future of Work della Oxford University, commenta: "Affinché le organizzazioni abbraccino veramente il modello del 'lavoro da qualsiasi luogo', i manager dovranno abbandonare il monitoraggio degli input per concentrarsi sull'output, il tutto all'interno di un ambiente di fiducia reciproca. Trovare il giusto equilibrio sarà la chiave per garantire che i dipendenti siano motivati e, allo stesso tempo, che si trovino in un ambiente in cui la creatività possa prosperare”.
L'IT non è più considerato un inibitore delle pratiche di lavoro distribuite, in cui i dipendenti possono lavorare dalla sede centrale, da un ufficio locale, da casa, in movimento o da una combinazione di sedi: solo il 18% degli intervistati in Italia ritiene che l'IT non sia attrezzato per gestire una forza lavoro remota, rispetto al 33% dell'area EMEA.
"Stiamo attraversando un momento che non ha precedenti e l’attuale emergenza sanitaria ha avuto un impatto dirompente sul modo di lavorare, rivoluzionando di fatto metodi e pratiche che credevamo consolidate”, ha commentato Stefano Iacobucci, CIO di Città metropolitana di Roma Capitale. “È una trasformazione epocale che dobbiamo saper cogliere, ma per farlo serve un approccio strutturato, che permetta di superare il naturale livello di incertezza che l’emergenza ha creato. Affinché questi nuovi modi di lavorare diventino la norma è necessario che vi sia un cambiamento di mentalità nell’organizzazione e un maggiore livello di fiducia all’interno dell’intera organizzazione”.
"Il passaggio senza precedenti che abbiamo visto quest'anno verso un modello di lavoro da qualsiasi luogo offre indubbiamente molti vantaggi sia ai datori di lavoro che ai dipendenti", commenta Véronique Karcenty, Digital Workspace Director di Orange Group, Francia. "Tuttavia, non dobbiamo sottovalutare il necessario cambiamento nelle strategie di gestione delle persone per mantenere i dipendenti coinvolti e produttivi. Mentre i vertici aziendali sono importanti per dettare il ritmo, è il middle management che deve costantemente dimostrare fiducia, stimolare il team e costruire un senso di condivisione di intenti".
Visione olistica per il futuro del lavoro
L'abilitazione di una forza lavoro distribuita è piena di sfide, che vanno dall’onboarding dei dipendenti remoti, alla compliance, alla sicurezza dei dipendenti e altro ancora. L’aumento della forza lavoro distribuita, a causa della pandemia, ha amplificato la proliferazione delle tecnologie digitali e delle piattaforme in uso. Per rimanere operative, le organizzazioni stanno spostando un sempre maggior numero di applicazioni verso il cloud, con la creazione di nuovi silos informativi. Con alcuni dipendenti che scelgono di rimanere a casa, il mix di dispositivi delle organizzazioni è sempre più eterogeneo, poiché adottano disposizioni BYOD più flessibili. Di conseguenza, ogni nuovo dispositivo connesso a una rete aziendale rappresenta un possibile vettore di attacco per gli aspiranti hacker. Tutti questi fattori spezzano il perimetro di sicurezza aziendale, creando una ulteriore necessità di modelli di sicurezza zero trust.
Il mese scorso, in occasione del VMworld, VMware ha annunciato le soluzioni VMware Future Ready Workforce per fornire esperienze eccezionali alla forza lavoro, controlli di sicurezza end-to-end zero trust e una gestione semplificata. Le soluzioni Future Ready Workforce combinano le funzionalità VMware Secure Access Service Edge (SASE), Digital Workspace e Endpoint Security per fornire qualsiasi applicazione da qualsiasi cloud su qualsiasi dispositivo, in modo che le organizzazioni possano sfruttare al meglio il valore di questo approccio olistico, consentendo esperienze ottimali alla forza lavoro, indipendentemente dal luogo in cui si opera.
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VMware
Il software di VMware alimenta la complessa infrastruttura digitale del mondo. L'offerta di soluzioni cloud, modernizzazione delle app, networking, sicurezza e digital workspace dell'azienda aiuta i clienti a fornire qualsiasi applicazione su qualsiasi cloud attraverso qualunque dispositivo. Con sede a Palo Alto, California, VMware si impegna a essere una “force for good”, dalle sue innovazioni tecnologiche all'impatto globale. Per ulteriori informazioni, visita il sito: https://www.vmware.com/company.html
VMware Italia
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Tel.: +39 02 30412700
Email: czambelli@vmware.com
Ufficio stampa VMware
Imageware
Alessandra Merini, Elisabetta Benini
Tel.: +39 02 700251
Email: vmware@imageware.it
[1] Metodologia - La "Nuova era del lavoro a distanza: Trends in the Distributed Workforce" si basa su un sondaggio, sponsorizzato da VMware, condotto su 2.850 intervistati EMEA (950 decision maker HR, 950 decision maker IT e 950 decision maker aziendali) in 12 paesi - Regno Unito (600), Francia (450), Germania (450), Italia (150), Paesi Bassi (150), Russia (150), Polonia (150), Norvegia (150), Svezia (150), Spagna (150), EAU (150) e Arabia Saudita (150). Vanson Bourne ha condotto l'indagine a giugno e luglio 2020.
[2] Per coloro la cui organizzazione ha una sede centrale definita con uffici regionali